Fake news, "bufale", verità, potere e informazione oggi. Intervista a Claudio Messora, blogger e attivista

di Massimo Lorito 03/02/2017 CULTURA E SOCIETÀ
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Informazione e rete, libertà d’espressione, bufale e fake news, parole e significati che sempre più catturato la nostra attenzione e l’interesse del mondo della comunicazione. Argomenti su cui la politica, le istituzioni e i gestori tradizionali dell’informazione hanno rivolto notevolmente la loro attenzione.

La realtà del web ci dice che chiunque navighi quotidianamente in rete si imbatte in una selva di “notizie”, riferimenti, collegamenti in cui spesso ci si trova disorientati. Per alcuni ricercatori viviamo nell’epoca della cosiddetta Post verità, una realtà nella quale fatti e verità dei fatti vengono a trovarsi spesso su piani semantici differenti. In questo orizzonte il fondamentale diritto della libertà d’espressione è messo a dura prova.

Di tutto questo ne abbiamo parlato con Claudio Messora, uno fra i blogger più seguiti e apprezzati che con il suo blog Byoblu, quotidianamente affronta tali tematiche, nella convinzione che la rete sia una concreta e straordinaria opportunità di cambiamento.  

 

 Cominciamo dalla stringente attualità. Chi arriva sulla home di Byoblu, trova un video nel quale si spiega come e perché Google stia applicando una forte azione censoria nei confronti del blog. Puo spiegarci di cosa si tratta?

 Dopo la vittoria del No al Referendum italiano, quella per il sì alla Brexit al referendum Uk, e soprattutto dopo la vittoria di Trump in America, il vecchio establishment politico ha capito che la rete aveva superato in credibilità il sistema dei media mainstream, e ha innescato una caccia alle streghe nei confronti delle “fake news”, un neologismo che descrive un fenomeno in realtà vecchio come il mondo e al quale non sono certo immuni né il mondo delle istituzioni né quello di giornali e televisioni. La lotta alle “fake news” nasconde il tentativo estremo di tenere sotto controllo i prossimi risultati in Europa, a partire dalle elezioni in Germania e in Francia, depotenziando (nei fatti censurando) i siti di informazione indipendente dai grandi editori che si trovano in rete. In questo contesto, Google ha annunciato di avere tolto la monetizzazione degli annunci pubblicitari a centinaia di siti. Byoblu.com, essendo un blog influente in Italia, il terzo blog di politica e opinione ai Macchianera Awords 2015, è stata la prima vittima eccellente, con motivazioni che hanno dell’assurdo: non essendo una testata giornalistica, siccome il mio blog è articolato in molte sezioni, ingannerei i miei lettori fingendomi una “news organization”. Un pretesto lapalissiano che fa passare il pericoloso principio per cui i blogger non possono più fare informazione, o se la fanno non possono guadagnare attraverso il circuito pubblicitario ADSense di Google. Tutto questo prelude a tempi anche peggiori, che devono essere scongiurati denunciandoli con fermezza.

 

Torniamo indietro. Perché ha deciso di “fare il blogger?”

È stato un caso. Ho iniziato con un articolo sul caso Welby, ormai dieci anni fa. Ricordo ancora il primo commento: “non avrei saputo usare parole migliori”. Da lì mi sono appassionato, e finire per mesi sul campo del terremoto aquilano, con una videocamera in mano, è stato un attimo. Quando incontri migliaia di persone che ti spingono, anzi ti implorano di andare avanti perché hanno bisogno di informazioni pulite e oneste, senti una spinta interiore che non puoi e non vuoi eludere.

 

Cosa significa oggi essere un blogger?

Il blog nasce come diario personale, ma può evolvere verso format più complessi e gestiti da più persone. Il mio è ancora personale, ma articolato in molte sezioni, nelle quali ospito videointerviste di qualità, editoriali, interventi parlamentari, talvolta articoli scritti da altri. Materiale che ha generato nel tempo oltre 40 milioni di visualizzazioni video e milioni di letture e interazioni tutti i mesi. Ciò che distingue un blog di informazione libera e indipendente come il mio da una piccola testata giornalistica è il non avere editori di riferimento e l’essere finanziato esclusivamente dai lettori che donano importi liberi, e lo fanno solo e se si sentono soddisfatti dal servizio che offri. Essere un blogger ha il vantaggio di dover rispondere solo a te stesso e alla tua onestà intellettuale, e ha lo svantaggio di non avere paracaduti né una stabilità economica. Tuttavia, se lavori bene, la rete lo riconosce e ti sostiene.

 

Si parla molto di “bufale”, fake news, post verità ecc. La rete ne è effettivamente piena. Qual è la sua opinione in merito, di cosa si tratta, chi le produce realmente? A chi tornano utili?

Le notizie false sono vecchie come il mondo e sono sempre state diffuse, soprattutto dalle istituzioni e dalla propaganda di molti media al soldo della politica e degli interessi finanziari, anche prima dell’avvento di internet. La post-verità è quella in cui siamo immersi fin dalla nascita, in un sistema che tende ad auto-conservarsi e, se non riesce a imporre alla gente “come” pensare, certamente riesce benissimo ad imporre “a cosa” pensare. L’approvazione di provvedimenti dalle conseguenze enormi, come il Fiscal Compact o il MES, è stata data con cinque righe e mezza a pagina 7 del Corriere della Sera.

Detto questo, certamente vi sono siti web che nascono esclusivamente per produrre propaganda o confondere i cittadini. Sono gestiti in maniera pseudo-anonima, da persone residenti in paesi dove la manodopera e i costi sono bassi, hanno un’altissima produttività, si appoggiano a reti sociali molto estese e intercambiabili, e possono così cambiare nome, e sfuggire ai controlli, che sono immancabilmente più lenti. Nascono con l’intento di ricavare alti guadagni dalla pubblicazione di notizie eclatanti (ma false) che hanno un alto grado di viralità. Talvolta possono essere uno strumento politico nelle mani di chi vuole togliere credibilità agli avversari.

 

E’ possibile regolare la rete con leggi apposite per arginare questo fenomeno?

La rete è un’infrastruttura: come le strade. Sono necessarie leggi apposite per regolare la libertà di circolazione nelle strade? No, è necessario avere più forze dell’ordine. Il nostro codice penale prevede già i reati di diffamazione, procurato allarme, calunnia e via di seguito: basta dare alle forze dell’ordine, per esempio la polizia postale, e alla magistratura le giuste risorse per intervenire. Mi lasci tuttavia dire che quello che sta facendo la politica oggi è perfino peggiore che adottare leggi speciali restrittive della libertà della rete: una legge si adotta dopo un’ampia discussione parlamentare dove i cittadini dovrebbero essere rappresentati, mentre fare pressione sui social network perché adottino sistemi di censura arbitrari e affidati ad aziende private significa di fatto introdurre una discriminazione delle idee e dei pensieri che porterà a una nuova fase oscurantista.

 

Perché si attaccano i blog indipendenti?

Perché rappresentano i varchi nelle recinzioni del sistema, dai quali possono passare le informazioni, i punti di vista, le analisi che il mondo del cosiddetto mainstream, irregimentato, lottizzato, costretto nel “frame” delle interpretazioni autorizzate, filtra, sentendosi depositario di verità che sono tali soltanto perché convengono a qualcuno.

 

Anche l’ex premier Renzi è ri-sceso in campo con un blog, cosa ne pensa?

Un blogger è un cittadino che emerge dal basso, per dare spazio e voce a chi non ne ha, e non invece chi arriva, dall’alto, per portare anche in rete i punti di vista già ampiamente rappresentati nel sistema. Una tale operazione è in genere assimilabile alla propaganda.

 

Veniamo all’esperienza come responsabile comunicazione del Gruppo parlamentare del Movimento 5 stelle. Può raccontarci come è andata?

Quando ho scelto di accettare l’incarico l’ho fatto per completare un’esperienza che ancora mi mancava: quella del funzionamento del mondo istituzionale dal suo interno. Ho attraversato così il mondo dell’informazione e della produzione di notizie dal basso fino ai vertici: Roma e poi Bruxelles. È stato molto utile: ora ho una consapevolezza più lucida dell’apparato burocratico di governo e di controllo nel quale siamo immersi, e cerco di trasferirla ogni giorno ai miei lettori.

Il rapporto non si è concluso per un disaccordo con il compianto Gianroberto Casaleggio, con il quale stavo scrivendo un libro fino a poche settimane prima che si spegnesse, ma per i dissensi con alcuni parlamentari, tra i quali certamente David Borrelli.

In ogni caso è stato meglio così: non sono il tipo di persona che convive di buon grado con le museruole.

 Infine, qual è la giornata tipo di un blogger. Come si svolge il suo lavoro?

Telefono, giornali, tablet e computer sempre in mano. Attenzione maniacale ai dettagli. Studio approfondito e continuo di verifica delle fonti, fiuto per la notizia, conoscenza dei tuoi lettori, tante competenze tecnologiche, attrezzature costose e, soprattutto, tanta ma tanta fatica: non fermarsi mai, non mollare mai, non avere mai paura di portare avanti le idee in cui credi, a costo di sembrare impopolare. Il sistema si difende, e violentemente, quando si sente attaccato. Se hai paura, cambia mestiere. Le persone hanno bisogno di opinioni leali da confrontare, non di verità fintamente imparziali. Essere onesti, mantenere il timone dritto anche durante una tempesta, alla lunga paga. Sempre.

 

 


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